IL GIUSTO RISPETTO PER GLI ANIMALI

19.11.2019

A CURA DI AVV. FILIPPO CAMELA

La "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Animale" proclamata, presso la sede dell'Unesco, il 15 ottobre 1978, seppur priva di valore giuridico, rappresenta una dichiarazione di intenti ed una assunzione di responsabilità dell'uomo nei confronti degli animali. Tale documento, redatto dalla Lega Internazionale dei Diritti dell'Animale, pone come fondamento e presupposto che l'animale sia portatore di diritti.
In ambito giuridico-penale, il delitto di maltrattamenti di cui all'art. 544 ter c.p. è posto proprio a tutela del senso di pietas che l'uomo prova nei confronti di determinate categorie di animali che, in quanto "senzienti", non posso essere sottoposti a ingiustificate sofferenze.
L'art. 544 ter del codice penale punisce 4 tipologie di condotte: a) cagionare, per crudeltà o senza necessità, una lesione ad un animale; b) sottoporre un animale a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche; c) somministrare ad un animale sostanze stupefacenti o vietate; d) sottoporre un animale a trattamenti che procurano un danno alla salute dello stesso.
Tali comportamenti sono puniti con la pena della reclusione da 3 a 18 mesi o con la multa da 5.000,00 a 30.000,00 euro. È altresì prevista la circostanza aggravante, con consequenziale aumento di pena, in ipotesi di morte dell'animale da valutarsi in relazione alle condotte sopra descritte.
Con la recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, Sezione III Penale, n.8036 del 16.01.2019, è stato precisato che, in relazione al delitto di maltrattamenti ex art. 544 ter del codice penale, integra il concetto di sevizie e comportamenti incompatibili con le caratteristiche dell'animale "il tenere lo stesso, per periodi considerevoli di tempo, in isolamento, legato in uno spazio angustamente circoscritto, senza cure igieniche né somministrazioni alimentari e senza un'adeguata protezione dalle intemperie, con ricadute sulla sua integrità". Nella medesima pronuncia, si pone anche la distinzione con il reato di cui all'art. 727, comma 2, del codice penale il quale, in materia di abbandono di animali, punisce con la pena dell'arresto fino ad 1 anno o con l'ammenda da 1.000,00 euro a 10.000,00, chiunque "detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze".
In quest'ultima ipotesi, la Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che "la produzione delle gravi sofferenze, quale conseguenza della detenzione dell'animale secondo modalità improprie, deve essere evento non voluto dall'agente come contrario alle caratteristiche etologiche della bestia, ma derivante solo da una condotta colposa dell'agente".
Pare opportuno concludere con il testo dell'art. 2, lett.c) della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Animale" il quale dispone che "ogni animale ha diritto alla considerazione, alle cure e alla protezione dell'uomo".

Avv. Filippo Camela, Via Riccardo Grazioli Lante 9, 00195 Roma, filippocamela@gmail.com
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