IL DELITTO DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA

19.11.2019

A CURA DI AVV. FILIPPO CAMELA


Se ne parla spesso ma, forse, mai abbastanza. Il nucleo su cui poggia questo tipo di delitto è il vincolo di soggezione che lega la vittima all'autore del reato.

Il codice penale punisce colui che "maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte" alla pena da 3 a 7 anni (art. 572 del codice penale). Tuttavia, la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso "in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n.104 ovvero se il fatto sia commesso con armi" (art. 572 del codice penale).

Il termine "famiglia" utilizzato dalla norma è da intendersi di ampio respiro: in tale contesto, la "famiglia" non è soltanto quella fondata sul matrimonio ma si estende a tutte quelle relazioni intense ed abituali nelle quali è possibile assistere ad una stretta comunanza di vita. Per l'effetto, ogni situazione necessita di essere valutata caso per caso.

Sul piano oggettivo, la condotta di maltrattamenti si ravvisa in tutte quelle situazioni abituali nelle quali si assiste ad una sorta di "sopraffazione sistematica" della vittima. Ed è per questo motivo che la violenza che contraddistingue i maltrattamenti non è soltanto quella fisica bensì anche quella psicologica (si pensi alle umiliazioni, alle offese e a tutti gli atti di disprezzo abitualmente rivolti alla vittima).

Il delitto in questione è stato oggetto di particolare attenzione dalla Legge n.69/2019 (entrata in vigore il 09 agosto 2019) con la precisa finalità di rafforzare la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

Di seguito il testo completo dell'art. 572 del codice penale così come modificato dalla Legge n. 69/2019: "Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorita' o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena e' aumentata fino alla meta' se il fatto e' commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilita' come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto e' commesso con armi. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.                                                                                                                        Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato". 

Avv. Filippo Camela, Via Riccardo Grazioli Lante 9, 00195 Roma, filippocamela@gmail.com
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